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Con l’acqua non si scherza. Ce lo ricorda il caso PFAS, sigla misteriosa che in realtà nasconde i composti organici perfluorurati, che tiene banco da anni e che ha coinvolto soprattutto l’area di Trissino (Vicenza) in Veneto: sul banco degli imputati è finita l’azienda chimica Miteni, a lungo del gruppo RiMar poi passata al gruppo Mitsubishi, ora chiusa e oggetto di bonifica, che poi è risultata essere l’epicentro dell’inquinamento ambientale che ha messo a repentaglio la salute dei cittadini di un’area dove vivono 300mila persone a cavallo tra le province di Vicenza, Padova e Verona. La Miteni, gettava gli scarti di produzione in un torrente che scendendo a valle poi andava a finire nel fiume vicino, inquinando le falde acquifere, le cui acque vengono raccolte nella centrale di Lonigo, dove c’era la centrale che smistava l’acqua potabile a tutta una serie di comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova, questo ha comportato l’aumento di numerose malattie cardiovascolari ed endocrine. Nel frattempo, è in corso avanti la corte d’assise del tribunale di Vicenza il procedimento penale i reati di avvelenamento delle acque di falda e superficiali, disastro ambientale e altri reati, tra cui la
bancarotta fraudolenta, in cui sono imputati i responsabili della Miteni.